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Uffici tecnici comunali: una questione meridionale

Una media di 13,43 euro pro capite. È quanto ha speso nel 2020 il Comune di Bari per l’attività dell’ufficio tecnico cittadino. La stima proviene dalla ricerca della fondazione indipendente Openpolis, che ha analizzato la propria banca dati Openbilanci – consuntivi 2020 per elaborare una statistica dei comuni italiani. Nel computo delle attività degli uffici tecnici vanno considerate le uscite legate agli atti di autorizzazione come i permessi di costruzione, azioni di vigilanza e controllo legate a questo ambito e le certificazioni di agibilità. Si includono le spese legate a programmazione e a coordinamento di interventi sulle opere pubbliche e le uscite per le sedi istituzionali, gli uffici del comune e i monumenti di competenza non classificati come beni artistici e culturali.

Un dato, quello di Bari, che assume contorni più ampi se considerato nell’insieme delle città italiane con più di 200mila abitanti. La fotografia è quella di una ampia forbice tra le grandi città del Nord e quelle del Sud. “Se si considerano le uscite delle grandi città, Padova è quella caratterizzata dagli importi maggiori (82,13 euro pro capite). Un valore particolarmente alto rispetto agli altri comuni considerati. Seguono Venezia (49,23), Firenze (46,95) e Genova (45,71). Al contrario, le spese minori sono tutte registrate dalle amministrazioni del sud: Palermo (19,39), Bari (13,43), Messina (8,58) e Napoli (4,43)”, si legge nello studio.

Per completare il quadro delle città metropolitane, la spesa del Comune di Milano per l’ufficio tecnico è di 41,34 euro pro capite, valore che scende a 38,82 a Roma, 37,04 a Trieste, 31,25 a Verona, 28,85 a Bologna, 24,41 a Torino.

Insomma, verrebbe da dire che (con qualche eccezione), più si percorre lo Stivale da Nord a Sud, meno comuni che spendono risorse per gli uffici tecnici si incontrano. La spesa media in Italia è di 62,97 euro pro capite.

Passando a un’analisi più ampia, che comprenda tutte le amministrazioni comunali italiane, la medaglia d’oro la vince L'Aquila, con una spesa di 3.207,09 euro pro capite. “Un valore così alto rispetto alla media nazionale – spiegano i ricercatori di Openpolis - potrebbe essere dovuto alle maggiori spese affrontate dall'ufficio tecnico del capoluogo abruzzese motivate dalla ricostruzione post-sisma”.

Seguono Rhemes-Notre-Dame (Aosta, 2.839,45), Rhemes-Saint-Georges (Aosta, 2.820,46) e Castelsantangelo sul Nera (Macerata, 1.958,27). Sono 14 i piccoli comuni con valori superiori a 1.000 euro pro capite.

A ogni modo, comunque, l’aspetto che vale maggiormente la pena sottolineare è l’ampio divario tra città settentrionali e città meridionali. Tenendo a mente il dato di Bari (13,43 euro pro capite, ricordiamo), la situazione non cambia di molto guardando ad altri comuni capoluogo della Puglia: a Lecce la spesa è di 13,62 euro, a Trani è di 13,9 euro, a Barletta si scende a 10,6 euro, ad Andria si arriva addirittura a spendere appena 8.15 euro pro capite. Ma, pur rimanendo all’interno di cifre tutto sommato modeste (soprattutto se paragonate con quelle dei maggiori comuni del Centro-Nord), Bari sembrerebbe perdere il confronto anche con le altre città capoluogo di provincia della Puglia. Per esempio, a Taranto per l’ufficio tecnico comunale si spendono 35,57 euro pro capite (dato in linea con Milano e Roma, meglio di Bologna e Torino), a Foggia la spesa è di 23,25 euro pro capite, a Brindisi si arriva a 20,2 euro pro capite.

In definitiva, la Puglia da questo punto di vista ha zone d’ombra e zone di luce quasi in egual misura. Ma il confronto diventa impari se come termine di paragone si prende, per esempio, il Veneto. Un’altra occasione per sottolineare la distanza quasi siderale che divide il ricco Nord dall’affannato Sud. A Belluno la spesa pro capite per l’ufficio tecnico comunale è di 51,82 euro, a Treviso è di 34,57 euro pro capite, a Rovigo è di 28,17 euro pro capite, fino a scendere ai 17,47 euro pro capite di Vicenza.

Ancor maggiore appare la frattura se si prende in considerazione la ricca Emilia-Romagna. A Modena il Comune spende 77,84 euro pro capite per le attività dell’ufficio tecnico, a Ferrara la spesa pro capite è di 48,77 euro, Parma fa “maluccio” e spende comunque 21,22 euro pro capite. E ancora: Cesena (45,09 euro pro capite), Rimini (86,76 pro capite), Forlì (38,33 euro pro capite), Ravenna (58,03 euro pro capite).

Giusto per completare l’analisi, giova dare un quadro di altre città del Sud (oltre a Messina e Napoli) che si attestano, come Bari, nei bassifondi di una classifica estremamente penalizzante per il Mezzogiorno. A Salerno si spendono 6,45 euro pro capite per le attività dell’ufficio tecnico comunale, a Matera si sale a 15,13 euro pro capite, a Catanzaro si arriva a 21,81 euro pro capite, a Campobasso il Comune spende 20,22 euro pro capite per questo comparto.

Va, tuttavia, notato – come fa Openpolis – che “Spese maggiori o minori non implicano necessariamente una gestione positiva o negativa della materia”. Ma se spendere tanto non sempre è sinonimo di buoni risultati, è altrettanto vero che spendendo poco difficilmente si raggiungono obiettivi soddisfacenti.

Nei tempi più recenti, d’altra parte, il dibattito pubblico è stato largamente animato dal tema dei vincoli temporali (la deadline del 2026) che le amministrazioni devono osservare nella spesa dei copiosi fondi del Pnrr. “Uno degli obiettivi del Pnrr – rammenta Openpolis - è l'appianamento dei divari territoriali attraverso dei finanziamenti mirati alla realizzazione e al potenziamento di strutture di pubblica utilità. Una parte di questi investimenti deve essere attuata dagli enti locali, che hanno l'incarico di presentare dei progetti in cui illustrano come verrebbero gestiti i fondi stanziati”.

Sempre nella ricerca della fondazione indipendente si legge: “Che si tratti di entrate proprie oppure di finanziamenti a livello extra comunale, la gestione dei progetti avviene nell'amministrazione, a livello di ufficio tecnico. Come risulta evidente dalla gestione locale dei fondi del Pnrr, la mancanza di personale e di qualifiche si sta mostrando un limite nella capacità degli enti locali nel fornire delle proposte di progetto attuabili. Questa è una condizione che colpisce maggiormente i piccoli comuni che non hanno avuto modo di supplire a queste carenze in tempo rispetto alla partenza del piano”.

Occorre, quindi, accelerare e cogliere questa occasione (forse la prima veramente concretizzabile) per accorciare prima, e annullare poi, il divario che separa l’Italia come minimo in due “Italie”.

Progetto per riduzione consumi energetici

Su proposta dell'assessore ai Lavori pubblici Giuseppe Galasso, la giunta comunale ha approvato il progetto preliminare per la riduzione dei consumi energetici tramite la realizzazione di impianti fotovoltaici e solari termici da installare sugli edifici comunali a destinazione non scolastica. L'importo complessivo è pari a 500mila euro. «Interverremo negli uffici e sugli edifici comunali in quanto le scuole, ancora per qualche anno, sono servite in tal senso da un project financing», spiega Galasso.

«Daremo priorità – continua l’assessore - agli edifici più energivori e, quindi, quelli che ospitano un maggior numero di persone, come ad esempio le sedi dei Municipi».

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