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Se ricreazione fa rima con allucinazione

"La città della ricreazione a pagamento": è assai difficile eguagliare per sintesi ed efficacia la definizione che di Bari ha fatto il sociologo Onofrio Romano nell'intervista rilasciata a Domenico Mortellaro.

Con una generosa e comoda interpretazione si potrebbe essere indotti a indulgere sugli aspetti ludici, gioiosi e spensierati che reiteratamente si vogliono proporre per la nostra città.

Aspetti che esprimono, a ben vedere, un prepotente e superficiale desiderio di sovrapporre un'immagine patinata alle molte realtà opache.

È un percorso estenuante e ostinato. Ma è anche una pratica tossica, giacché l'illusione dell'apparire ha sempre più breve vita nell'impatto con la realtà dell'essere. Prima o poi quest'organismo, sottoposto a copiose dosi di letale propaganda, schiatterà per overdose di illusioni, slogan, promesse.

Ormai parte della città è così immersa in una bolla autoreferenziale che non distingue il reale dal virtuale, il solido dal fluido. Quasi una sorta di antesignano "metaverso" tra rendering, realtà aumentate e virtuali.

Bari ha via via seppellito la consapevolezza della sua condizione e si trastulla in un immaginario orchestrato e alimentato che consente di non affrontare in modo radicale (e impopolare) i suoi ritardi.

E così una ruota panoramica ci fa londinesi e "pane e pomodoro", al netto della popolazione di colibatteri che la infestano a ogni pioggia, insinua l'idea di essere una spiaggia della Costa Rica.

Così, di allucinazione in allucinazione, di ricreazione in ricreazione, si sono voltate le spalle a soluzioni vitali, capaci di generare processi di crescita.

Lo abbiamo già detto: qui non si tratta di personalizzare l'impegno o i buoni propositi del singolo, ma di considerare la "visione", che deve guidare chi ha la responsabilità di promuovere lo sviluppo urbano ed economico della città.

Una responsabilità che oggi ricade su chi è ai vertici dell'amministrazione, ma ha ereditato una situazione che si è stratificata in decenni. Il peggio sta nel fatto che non ci si decide a voltare pagina in modo radicale, ma si incrementano le massicce tossiche dosi di una propaganda letale per puro istinto di sopravvivenza politica.

Nel nostro numero della scorsa settimana, Pino Bruno, nella sua rubrica "Danni collaterali", ha scritto dei tram come scelta strategica per il trasporto a Tampere, Bordeaux e Strasburgo. Esempi illuminati che, su Facebook, il prof. Ugo Patroni Griffi (ad onor del vero, uno tra i manager più concreti e lungimiranti del nostro territorio) ha così commentato: "Tuttavia ritengo che il BRT elettrico sia sostanzialmente equiparabile".

BRT sta per Bus Rapid Transit ed è l'acronimo con cui si identifica (anche a Bari) un "sistema costituito da 4 linee (linea Blu, linea Rossa, linea Verde e linea Lilla), tutte realizzate in sede riservata con preferenziazione semaforica per una percentuale del percorso superiore al 70%. Le linee saranno percorse con bus elettrici, prevedendo la realizzazione di opportune stazioni di ricarica rapida distribuite all’interno del corridoio infrastrutturale".

Costo dell'operazione 160 milioni, che dovrebbero essere prelevati dai fondi del PNRR. Di BRT si parla ciclicamente (gennaio 2020, gennaio e novembre 2021, giugno 2022).

Ed è questo il punto su cui dovremmo un po' tutti riflettere. Parliamo del BRT come se l'avessimo in casa, mentre semplicemente non esiste. O, meglio, esiste sulle carte. Ultime quelle che hanno affidato, nel giugno scorso, all'Architecna Engeneering s.r.l. di Firenze "l'adeguamento del progetto di fattibilità tecnico-economica della realizzazione del sistema BRT (bus rapid transit) per la città di Bari, in modo da poter bandire la progettazione definitiva ed esecutiva entro l'estate".

L'estate è trascorsa e il bando non c'è.

Ecco, è qui il problema: a Tampere, Bordeaux e Strasburgo, i cittadini viaggiano sui tram, mentre noi ci accontentiamo di immaginarli. Siamo continuamente proiettati in un futuro che, alla prova dei fatti, non si fa mai presente. Certo, viaggiare con la fantasia non è un male, ma se offusca realtà e consapevolezza non va bene. Se non sappiamo da dove partiamo è impossibile stabilire dove vogliamo arrivare. A proposito di tram.


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