Il Corriere della Sera lo ha definito, un po’
impietosamente, “potenziale personaggione di questo governo”. Il che vuol dire
che il più importante quotidiano del nostro Paese si appresta a monitorare il
percorso che Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute, farà durante la
vita del Governo di Giorgia Meloni. E può non essere un fatto positivo: perché
alla prossima buccia di banana saranno certamente tirati in ballo i precedenti,
un po’ come accadeva per il pentastellato Danilo Toninelli, ministro dei
Trasporti e delle Infrastrutture nel primo governo Conte. Del resto, Gemmato ha
stabilito un record: in poche settimane ha già conquistato uno spazio tra le
parodie della seguitissima trasmissione satirica “Fratelli di Crozza”, in onda
in prima serata il venerdì su “Nove”. E, a onor del vero, non ne esce benissimo:
Crozza lo ha appellato con un “Boh vax” che è tutto un programma.
Sarebbe forse il caso che “il farmacista barese” (sempre
definizione del Corsera, che appare vagamente ironica) prendesse qualche
lezione di comunicazione, cominciando a valutare anche la tempistica – e
l’opportunità – delle dichiarazioni da rilasciare. Perché se mette in
discussione la valenza e la bontà della campagna vaccinale proprio mentre la
presidente del Consiglio Meloni parla al G20 di Bali e spiega come “il Covid
sia stato superato grazie ai vaccini” o qualche ora dopo che il ministro della
Salute, Schillaci (il “capo” di Gemmato), annuncia il rilancio della campagna
vaccinale, c’è qualcosa che stona.
A Gemmato, insomma, bisognerebbe forse spiegare che essere
sottosegretario è un po’ diverso che stare all’opposizione e parlare con gli
slogan. Non siamo più né ai tempi dell’università, né in un comizio da
opposizione, in piena campagna elettorale.
Peraltro, va detto che Gemmato il giorno dopo ha anche
accennato una timida difesa, per la verità più sgangherata delle dichiarazioni
rilasciate nella trasmissione, a metà strada tra il “mi sono espresso male” e
il “mi hanno frainteso”. Che cosa poi ci sia da fraintendere resta francamente
un mistero, se alla asserzione “forse senza vaccini poteva andar peggio”, fatta
dal vicedirettore del Corsera Aldo Cazzullo, si risponde con un secco e
istintivo “Questo lo dice lei”.
In ogni caso, il sottosegretario ha proseguito con la
barzelletta del momento, ovvero che alla pandemia è stato riservato un
trattamento ideologico. Ovviamente senza rendersi conto che mettendo in dubbio
i vaccini, i numeri dei contagi e dei decessi italiani (e di conseguenza
mondiali) il solo che tratta l’argomento con un approccio ideologico è proprio
lui. Anche perché i governi precedenti si erano affidati a Istituto superiore
di sanità, Consiglio superiore di sanità e Comitato Tecnico scientifico del
ministero della Salute: tutti organismi nei quali ci sono scienziati e medici
tra i più importanti e qualificati del Paese.
Ovviamente le dichiarazioni di Gemmato durante la
trasmissione “ReStart” di Rai 2 hanno scatenato il putiferio. In parte anche
trasversale. Ma non è questo che ci interessa. Quello che importa è guardare i
numeri, che sono ufficiali, peraltro controllati e diramati da quel ministero
della Salute di cui il sottosegretario è ora il numero due.
Non serve essere luminari, né… farmacisti, per comprendere
che l’arrivo del vaccino ha letteralmente trasformato la lotta alla pandemia.
La comparazione dei numeri del Covid 19 relativi al 2020 e al 2021 spiega con
estrema ed incontestabile efficacia come in questi due anni si siano evolute la
pandemia e la lotta per arginarla. Ed i numeri sono talmente chiari che solo
l’ottusa cecità dei no vax, (ma non è il caso di Gemmato, che ha spiegato di
essersi regolarmente vaccinato. In quanto farmacista) potrebbero inutilmente
metterli in discussione. Il dato è lampante: senza i vaccini saremmo stati
travolti – tutti, non solo l’Italia – da una vera e propria catastrofe
umanitaria, con gravissime ripercussioni sul piano sociale ed economico.
Come è noto, in Italia ed in Europa il cosiddetto “Vaccine day” è scattato il 27 dicembre
2020, nel nostro caso molto a rilento finché l’organizzazione non è stata
affidata al generale Figliuolo. Quattro giorni dopo, il 31 dicembre, in Italia
si registravano 2.107.166 casi di contagio con 74.159 decessi. In pratica il
3,51% dei contagiati.
Esattamente lo stesso giorno, ma un anno dopo, ovvero nel 2021, i contagi
annuali erano stati 4.018.517. Cioè quasi il doppio rispetto all’anno
precedente. Ma grazie alla campagna vaccinale, il numero dei morti era stato
inferiore: 63.243. In percentuale l’1,57%. Praticamente la metà del 2020. Un
miracolo? No, indiscutibilmente merito dei vaccini.
Eppure, per Gemmato l’Italia è risultata “prima per
mortalità e terza per letalità, quindi questi grandi risultati non li vedo
raggiunti”. Anche questo non è vero: i numeri spiegano che nel 2020, anno nel
quale siamo stati investiti per primi dalla pandemia, siamo risultati quinti al
mondo per numero di decessi ogni 100 mila abitanti, dietro a Paesi come Perù e
Belgio. Nel 2021, invece, l’Italia è al 53° posto, sebbene la popolazione sia
la più anziana del pianeta con Giappone e Germania, e quindi fatalmente più
fragile ed esposta al virus.
Forse il sottosegretario si riferiva, senza spiegarlo, alla
prima fase della pandemia, poiché l’Italia è stato il primo Paese colpito. Ma in
tal caso è fisiologico: eravamo praticamente da soli…
Volendo, si può anche dare uno sguardo ai dati pugliesi,
visto che Gemmato è uno dei nostri e che durante la pandemia ha spesso
polemizzato con l’allora assessore alla Sanità, Pierluigi Lopalco, e con il
presidente Michele Emiliano. L’esempio pugliese è significativo anche perché da
noi si è registrato un numero di decessi importante e superiore ad altre
regioni meridionali o grandi più o meno come la Puglia.
Ecco i numeri. Il 31 dicembre 2020 i casi totali di Covid 19
in Puglia erano 90.964. Un anno dopo, il 31 dicembre del 2021, il numero dei
casi era salito a 309.157. In sostanza, l’anno passato hanno contratto il virus
218.193 persone. Quasi 2,5 volte il dato del primo anno di pandemia.
Il numero dei decessi spiega molte cose. Nel 2020 in Puglia
abbiamo avuto 2.472 morti, ovvero il 2,71% rispetto ai casi di Covid
registrati. Nel 2021 il numero dei morti è quasi raddoppiato: 4.515, portando
il totale della pandemia a 6.987. Eppure, la percentuale diventa 2,06%, con un
calo meno drastico rispetto ai dati italiani, ma comunque significativo, se si
considera che il mese peggiore è stato aprile (1.061 morti in 30 giorni) quando
la nostra campagna vaccinale arrancava al punto da essere indicata dal quotidiano
economico britannico “Financial Times” come un esempio da non seguire.
E’ opportuno aggiungere un confronto tra le situazioni dei
31 dicembre, quello del 2020 e quello scorso. In Puglia nel primo caso avevamo
53.002 positivi in totale con 1.619 ricoverati, di cui 129 in terapia
intensiva. Il giorno di San Silvestro del 2021, invece, i casi di positività
erano 24.510 ma con 307 ricoverati, 31 dei quali in terapia intensiva. Anche
qui, il confronto dei numeri è nettamente a favore dell’anno passato, con il
46,24% dei positivi in meno ma solo il 18,96% di questi in ospedale.
Insomma, nella nostra terra e nel resto d’Italia a fronte di
numeri che hanno moltiplicato il dato iniziale dei contagi riferiti al 2020,
nel 2021 le percentuali riguardanti i decessi (e i ricoveri, in reparti
ospedalieri e in terapia intensiva) sono diminuite invece di crescere. E non
può essere un caso: nel 2020 i vaccini non c’erano, nel 2021 sì. Nonostante
nuove varianti molto aggressive.
E’ abbastanza evidente, crediamo, che in tutti questi numeri
(peraltro chiari e facili da comprendere) non possa esserci alcun approccio
ideologico. Anche perché sono comparabili e spesso sovrapponibili con quello
che è accaduto nel resto del mondo.
Quindi, senza vaccino da gennaio 2021 in poi non avremmo mai
avuto la pandemia sotto controllo. Poi, con buona pace del sottosegretario
Gemmato, si può dire ciò che si vuole. Ma i fatti sono fatti ed i numeri sono
numeri. Tutto il resto si smentisce da solo.
Molto spesso per fare bella figura non serve nessun
artifizio. Basta tacere.