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Rave party: perché e a chi producono tanto fastidio?

"Veniamo dalla Puglia, ci siamo fatti 8-9 ore con il camper. Qui c’è un lavoro collettivo oltre a bere, mangiare e ballare. La droga? C’è dappertutto, non certo di più nei free party. Siamo una comunità che è venuta qui da tanti Paesi, perché siamo perseguitati? Noi stiamo esprimendo la nostra cultura e non facciamo male a nessuno”: frasi raccolte ad una ragazza da una intervistatrice di Radio RAI 1 nel mezzo del “rave party” svoltosi nel capannone modenese abbandonato, quello sfollato dalla polizia in assetto antisommossa. Gli organizzatori lo hanno chiamato, per favorire il tam-tam, “Witchtek”, cioè strega. Infatti era in sostanza una festa di Halloween. Comunque uno dei tanti raduni che si svolgono da anni in Europa e non solo, utilizzando senza troppi scrupoli (e magari con qualche rischio) le tracce della desertificazione industriale.

Danilo Rosato, creatore di un format di rave che ha chiamato “Homopatix”, è stato provocante: “l’Italia è un Paese che odia i giovani, li considera un problema invece che una risorsa. È assurdo, perciò me ne sono andato a Berlino”. Il suo “Whole”, rave-festival di 3 giorni in una miniera dismessa della Sassonia, raduna 7.000 giovani da tutto il mondo. Cosmo, al secolo Marco Jacopo Bianchi, cantautore techno, disc jockey e discografico, innamorato delle melodie di Lucio Battisti e Franco Battiato, con un suo disco inserito nella cinquina della Targa Tenco, macinatore di tour mondiali fino a 90 esibizioni, ha dichiarato che la reazione del neo-governo conservatore italiano è stata “da stato di polizia” e che, come tutte le reazioni simili, non sortirà alcun effetto perché non potrà stroncare i free rave party. Poi intervistato dalla carta stampata ha rivendicato una definizione del rave tratta dalla letteratura (che c’è, per chi non lo sapesse): “uno spazio momentaneo di libertà totale dove l’ipocrisia viene messa da parte, in cui non c’è l’idolatria di artisti star, né i meccanismi tipici del divertimento a pagamento, o quelli della restrizione degli accessi, del controllo, della sorveglianza”.

Tutto ciò ci ricorda qualcosa? A me sì. Ad esempio la libertà della “corsa dei barberi” a Roma (cavalli senza fantino, da cui il nome “via del Corso”), oppure i Saturnali, la festa decembrina dell’antica Roma dedicata a Saturno con l’inversione delle regole del mondo reale (ad esempio i padroni servivano gli schiavi in lunghe e licenziose abbuffate), o tutta la tradizione di feste carnascialesche con uso anche di maschere apotropaiche per nascondere l’identità e fare di tutto e di più.

La risposta a queste manifestazioni “immortali” (non possono morire!) fu da parte della Chiesa la Quaresima (un tentativo di stop alle intemperanze), mentre da parte di Lorenzo il Magnifico la tentativa istituzionalizzazione in forma di feste e spettacoli, all’insegna di “Le tems revient” (Il tempo si rinuova). Ora si è aggiunta la Meloni, con il suo decreto.




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