Le nuove povertà che si aggiungono alle altre tante povertà, i disagi, la forza delle donne… Sono le storie vere che raccontano la Puglia di oggi, il Sud di oggi. Più le storie vere, le piccole-grandi storie vere, che le “articolesse” solite e lagnose che a volte riempiono i giornali, sempre più meno venduti anche per il limite di non toccare con mano la vita, di non andare fra la gente.
«Le storie, le storie, cercate le storie!», chiedevano una volta i direttori dei quotidiani e dei settimanali. Ora pochissimi chiedono e pochissimi cercano. È il trionfo del copia-incolla, esercizio a misura di redazioni scarse come organico e come qualità. Ovviamente, ci sono le eccezioni e, quando ci sono, i lettori apprezzano e traggono conclusioni.
Anna vive (?) a Carbonara, ha sette figli, un marito invalido. Deve portare avanti la famiglia con i minimi aiuti economici previsti. Un’impresa titanica affrontata con programmazione da sopravvivenza: niente latte, pizza fatta in casa con la farina che passa la Parrocchia (il lievito si può comprare: costa pochissimo). Il sistema non può darle un sostegno maggiore? No, perché ci sono tanti… perché, a cominciare dal reddito di cittadinanza (benedetto) che potrebbe essere più consistente a vantaggio dei realmente bisognosi, se in molti casi non finisse a coloro che lo rubano con pastrocchi vari.
In Puglia, nel Sud, non c’è una sola Anna. Ce ne sono tante, risultato di problemi vecchi o arrivati per la pandemia e per il caro-bollette.
Donne eroiche. E donne che fanno un lavoro duro, da uomini, perché temono più la disoccupazione che la fatica. È il caso (leggo su la Repubblica Bari) di Nunzia e Stefania (Gravina, 28 e 20 anni). Lavorano come carpentiere fra gli uomini, sudando come gli uomini, forse più degli uomini. Non hanno trovato altro e si sono adattate senza battere ciglio. È ancora il caso di Giuliana Sisca, trentenne barese. Laurea in Scenografia per teatro e cinema, fa l’operaia acrobata e si sente realizzata sgobbando con le funi sulle pareti degli edifici: «Il mio lavoro alla fine è arte. Sono felice».
Storie vere, storie di donne. Che andrebbero raccontate ampiamente in un mondo mai come adesso precario, soprattutto in questo Sud tribolato, sempre alla ricerca di lavoro e di benessere. Queste vite femminili dicono tanto sul ruolo che le donne hanno sempre avuto nelle famiglie meridionali. Lavoro, spesso faticoso e mal retribuito, casa, marito e figli.
Siamo nel 2022 e la loro condizione non è cambiata di molto. Almeno sui giornali, mettiamole in prima pagina. E lasciamo da parte le storie rosa ovvero quelle leggere e gossippare. Le donne del Sud si chiamano Anna, Nunzia, Stefania e Giuliana. E abbiamo il dovere di ringraziarle.